La vita mi aveva dato tutto. Una casa, un marito, due bellissimi bambini, tranquillità economica, ma la sera del 18 giugno 1996 all’improvviso tutto mi si è rivoltato come un guanto rovesciato.
La mattina dopo, al mio risveglio nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Salò, capii che la mia vita non sarebbe mai più stata la stessa. “Psicosi reattiva breve”, questa la diagnosi. Reattiva a chi? E a cosa?
Tutto era confuso nella mia mente, tranne una frase, quella che continuavo
a ripetere come un mantra stringendo una corona del rosario:
”L’amore vince tutto...”
Per la prima volta, aspettando Natale, il 23 dicembre del 2007, dopo 11 anni ho messo sul foglio, nero su bianco, quello che mi è accaduto, ed altri 4 ce ne sono voluti per decidermi a condividerlo su questo blog.
Non amo mettere in piazza i fatti miei, ma ritengo importante narrarvi quest'evento per meglio comprendere come lo Spirito mi abbia letteralmente "fulminata" quel giorno.
Parlare di “crisi spirituale” appariva, allora, pura follia, ma lo Spirito chiama sempre, e se lo ignoriamo lui ci chiama con ancora più forza, finché non ci arrendiamo al suo volere e ci mettiamo in ascolto.
E, in tutta sincerità, quello che è accaduto quella notte rimane ancora per me un mistero.
Lo posso ricostruire passo dopo passo, come fosse un fatto di cronaca: tre giorni di crisi profonda culminati in una sorta di allucinazione collettiva, che ha coinvolto me e mio marito. In questa crisi avevo completamente perso i miei confini e la percezione stessa della realtà, non capivo più ciò che era BENE e ciò che era MALE.
Non mi fidavo più di nulla e di nessuno e mi sentivo in costante pericolo, dappertutto; ricordo che mi rifiutai di entrare nella casa della mia infanzia puntando mani e piedi contro la porta di ingresso, come se lì dentro ci fosse qualcosa di mostruoso, farneticavo e continuavo a chiedere a mio padre se c’era qualcosa che avrei dovuto sapere, e che ancora non mi era stato detto…
La mia vita sembrava essere tenuta insieme soltanto da un filo.
Una canzone mi aveva risvegliata, l’avevo ascoltata per una settimana intera dal juke-box, al mare con i miei bambini...e così “Certe Notti” di Ligabue era entrata nel mio cuore.
Ancora oggi non so spiegare il perché del falò fatto nel lavandino della cucina al mio rientro a casa, dove ho dato fuoco al cd di Ligabue con dentro quella canzone ed ad un cuoricino d’argento, regalo di battesimo ricevuto da mia figlia Elena che è esploso provocando un rumore assordante.
Il caos e la confusione si erano impadroniti di me e all’improvviso non sapevo più chi ero, da dove venivo e dove stavo andando, sentivo solo che ero in pericolo, in tremendo pericolo, e che sarei stata al sicuro soltanto in mezzo alla gente. E così in questo stato confusionale camminavo per le strade del paese abbracciata a mio padre, fuggendo da mio marito che credevo volesse uccidermi, stringendo nella mano la chiave della mia casa di bambina.
Poi mi sono lasciata caricare sull’ambulanza, che vedevo come l’unica mia salvezza in quella “buia notte dell’anima”, e ho chiuso gli occhi per non vedere più.
Sentivo solo le voci attorno a me...per un po’...poi più nulla fino al mattino.
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...al mio risveglio, nel reparto psichiatrico, qualcuno stava cantando a squarciagola la canzone “Io vagabondo” dei Nomadi ed io pensavo di essere impazzita. In realtà, appena sveglia non ricordavo molto di quello che era accaduto il giorno prima e, per un istante, pensai di essere morta e che, per forza di cose, quello dovesse essere il Paradiso o l’Inferno.
Trovandomi ancora pienamente immersa nella dualità terrena, quello non poteva essere altro che il mio Inferno. Infatti, da quel momento in avanti la mia vita si sarebbe trasformata in un film dell’orrore dal quale non sarei potuta uscire tanto facilmente.
La notte prima di addormentarmi pregavo Dio chiedendogli “fa’ che tutto questo sia soltanto un brutto sogno”, ma al mattino, al mio risveglio, realizzavo che l’incubo ricominciava daccapo e che tutto era così surreale, così orrendamente denso e pesante.
I miei occhi non avevano più luce e la mia anima sembrava completamente perduta, eppure continuavo a ripetermi ”L’amore vince tutto”…
E di amore ce n’è voluto a tonnellate, per me stessa, per raccogliermi da terra e strizzarmi come uno straccio inzuppato e poi iniziare “il viaggio”.
Al mio psichiatra, a cui è toccato il compito di rimettere insieme i primi pezzi di una donna a brandelli, c’è da dire compiendo un vero miracolo, sono profondamente grata, ma il suo approccio medico-scentifico era totalmente privo della “dimensione animica”, ed io più mi rimpossessavo della fiducia in me stessa e riprendevo forza e più sentivo il bisogno di conoscere ed incontrare la mia essenza, la mia anima.
Un richiamo ancestrale mi aveva contattata grazie a quella frase da me ripetuta come un mantra, ed io sapevo, anzi la mia anima sapeva che quella, e quella soltanto, sarebbe stata la mia àncora di salvezza.
Mi lasciai, quindi, trasportare, cedendo il controllo del mio corpo fisico alla mia anima, senza sapere minimamente cosa questo comportasse, e la mia inconsapevole resa si è dimostrata essere la giusta strada verso la guarigione.
Mi chiedevo “Com’è possibile che l’uomo che ho amato e dal quale ho avuto i miei due meravigliosi figli si sia trasformato all’improvviso nel peggiore dei miei nemici?”
L’avevo tradito con un altro uomo e questo l’aveva reso una furia implacabile, era deciso ad annientarmi con qualsiasi mezzo.
Trasformatosi nel peggiore degli inquisitori si scatenò contro di me, donna ribelle, ed io mi lasciai colpire da lui nella mia dignità di madre, donna ed essere umano, lasciai che lui sgretolasse le mie certezze, facesse a pezzi la mia vita, come se nulla ci avesse mai unito, sia nel passato che nel nostro presente.
Fummo specchio l’uno per l’altra e pescammo nelle profondità più segrete e sconosciute di noi stessi, senza conoscere l’accordo ancestrale che ci aveva tenuti legati così profondamente.
L’ho odiato intensamente quando mi faceva del male, quando si avventava su di me attaccandomi nei miei punti deboli, dov’ero più vulnerabile, punti che lui conosceva alla perfezione, riuscendo per qualche tempo ad agganciarmi in un vortice energetico di bassa densità.
Per questo motivo non riuscivo ad uscirne, e per anni ho vissuto la mia vita come fossi la protagonista di un film dell’orrore.
Avevo, però, quell’ àncora gettata tenacemente dal mio Sé Superiore, che mi teneva salda seppur mi trovassi nelle acque profonde della mia disperazione.
Quell’ancora si chiama
Fede
e aggancia la
Speranza
che aggancia
l’Amore.
Le tre Virtù più alte.
Le catene possono essere una prigione, ma le catene di un’àncora proteggono la nave e non le permettono di andare a sbattere sugli scogli, né di perdersi in mare aperto quando la tempesta imperversa e non è possibile rientrare nel porto sicuro.
Ma come potevo risalire, ritornare a vedere la luce del sole, le stelle e la luna nel cielo, respirare ancora l’aria a pieni polmoni, sentire il vento sul mio viso, sprofondata com’ero in quel mare denso e scuro?
C’è voluto tempo, coraggio, dedizione, preghiera, ma più di tutto c’è voluto Amore. Ogni volta che riuscivo per un attimo a sentire quella forza che solo l’amore puro può dare, la catena della mia àncora mi sollevava.
Forza, prudenza, giustizia e temperanza (le prime 4 virtù) ben dosate creano la miscela giusta, il carburante che permette alla Fede, alla Speranza e all’Amore di riportarti alla Luce.
E’ stato un lavoro poderoso, ma sono un’anima fortunata perché ho incontrato sul mio cammino, man mano procedevo, Maestri e Maestre che mi hanno trasmesso le loro conoscenza e le tecniche appropriate affinché io potessi lavorare sulla mia Anima e riconnettermi con il grande progetto che Lei stessa ha su di me, ovvero la mia “missione” su questa terra.
Tutti noi siamo anime in missione, che lo vogliamo o meno, quello che fa la differenza è la CONOSCENZA della sua esistenza e la CONSAPEVOLEZZA del lavoro che ci viene chiesto di affrontare.
Più una persona conosce se stessa ed è consapevole, più è in grado di scegliere la strada più adeguata da percorrere.
Conoscere il bene e conoscere altrettanto bene il male, con tutte le implicazioni di causa ed effetto, permette di trascendere la dualità.
Andare oltre il bene ed il male significa uscire dalla sfera del Giudizio e permettersi di osservare lo svolgersi degli eventi da una prospettiva diversa, esterna all’ologramma terreno, sposando totalmente la prospettiva Cristica, e preparando il nostro corpo fisico (vascello terrestre) al famoso Salto Quantico che ci è stato prospettato per il 2012.